Dalla Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini che, prima della costruzione dei
Lungotevere si elevava direttamente dal greto del fiume, facendo risaltare la
purezza delle sue linee e la sagoma elegante della sua cupola raggiungeremo
l'ultimo tratto del Corso Vittorio Emanuele per la Via del Consolato, così
denominata dal Console di Firenze, che aveva là la sua sede. E ci
troveremo di fronte al Palazzo dell'antichissimo Banco di Santo Spirito,
anch'esso di Antonio da Sangallo il Giovane, dove era anche il laboratorio di
Benvenuto Cellini. Ma la nostra attenzione è attratta dalla scenografia
del Castello e del Ponte Sant'Angelo, le cui statue di angeli e di santi formano
la più splendida prospettiva che si possa immaginare. E quasi
inavvertitamente muoviamo verso la scenografico sfondo, seguendo il percorso
degli antichi romei, che dal 1300 (anno in cui fu istituito da Bonifacio VIII il
primo giubileo), giunti a questo punto, non potevano trattenere un grido di
commozione e fare a meno di prostrarsi davanti all'agognata basilica, intonando
l'inno dei pellegrini del Medioevo:
O nobile Roma, Signora del
mondo eccellentissima, fra tutte le città; rossa del sangue dei
Martiri, candida dei bianchi gigli delle vergini, te salutiamo, te
benediciamo, salve pei secoli !
Benché, difatti, solo
da pochi anni sia possibile abbracciare dal Ponte Sant'Angelo l'intera facciata
della Basilica Vaticana, con la sua immensa mole, essa sovrasta da secoli la
Città Leonina, che è al di là del fiume, e come oggi, anche
allora appariva come una magica visione a chi giungeva sul ponte dalle anguste
vie del centro di Roma. E poiché nulla ormai potrebbe più
distrarci del grandissimo obiettivo che ci è davanti, dirigiamoci
senz'altro verso la Basilica vaticana per la larghissima Via della
Conciliazione, aperta mediante l'abbattimento di vie tipiche tradizionali, la
cui scomparsa ha sollevato acerbe critiche. Non di meno, soprattutto nelle prime
ore del mattino, quando l'immensa facciata della basilica e la colossale cupola
sono inondate di luce, la scena è di una bellezza e di una solennità
incomparabili. E questo ci compensa, almeno in parte, della scomparsa delle
antiche vie, da cui si sfociava quasi improvvisamente nell'immensa Piazza San
Pietro, ingigantita dal contrasto con l'angustia delle vie adiacenti. Passeremo,
perciò, quasi di volo per la Via della Conciliazione, lasciando, a
sinistra, I'antichissimo Ospedale di Santo Spirito, dominato da una piccola
cupola ottagonale, che rivedremo tra poco in un celebre affresco del Botticelli,
nella Cappella Sistina, cui fan seguito il bel Palazzo del Commendatore,
dall'arioso cortile con logge affrescate e sculture barocche, la Chiesa di Santo
Spirito in Sassia, fiancheggiata da una torre campanaria lievemente pendente e
con interessanti affreschi e un bel soffitto dorato; e tra due bastioni
sangalleschi affiancati, in fondo alla lugubre Via dei Penitenzieri, la
massiccia Porta di Santo Spirito, ancora incompiuta, per la quale il 6 maggio
del 1527 irruppero nella città leonina i lanzichenecchi di Carlo V,
comandati dal Connestabile di Borbone, che, dopo aver tradito il suo Re non si
peritò di diventare lo strumento della vendetta del crudele Imperatore,
assalendo la sede de Vicario di Cristo alla testa di un'orda di banditi e di
ladri, avidi solo di bottino e assetati di sangue. E se è vero che il
feroce condottiero cercò in tutti i modi di trovare la morte sul campo di
battaglia per riscattare l'infamia e la vergogna di cui s'era macchiata la sua
bandiera, sicché più volte furono viste ondeggiare dove più
ferveva la mischia le piume vermiglie del suo casco d'argento, nessun altro
esercito barbaro attaccò mai con la stessa violenza la città
eterna, segnando l'inizio di quel sacco di Roma, il cui triste ricordo può
dirsi ancora vivo nella coscienza del popolo romano. Non mancheremo, però,
di rivolgere uno sguardo a destra, sulla Via della Conciliazione, alla bella
facciata della Chiesa di Santa Maria in Traspontina, del Mascherino, e al
magnifico Palazzo Torlonia, uno dei più eleganti palazzi del
Rinascimento, dalla corte leggiadra, rallegrata dal mormorio di deliziose
fontane, nonché all'elegante portale del ricostruito Palazzo dei
Convertendi, com'è, ora, agghindato, meno austero, ma più
riposante di quello dei Penitenzieri, dall'altro lato della strada, la cui
facciata laterale, dalle imponenti finestre marmoree a crociera, merita un degno
restauro. Ed eccoci finalmente a Piazza San Pietro, nel cuore della
Cristianità, luogo nefando per gli antichi Romani, ma consacrato dal
sangue dei Martiri, scorso a profusione nel circo innalzato da Nerone sul Monte
Vaticano. La piazza incomparabile, stupendo capolavoro di Gian Lorenzo Bernini,
più che per la sua ricchezza e per la sua solennità, supera
qualunque previsione per la sua originalità e per la suprema eleganza
delle sue linee. Un'immensa piazza ellittica, formata da due quadriportici
semicircolari, coronati da 140 statue e da 6 stemmi araldici di Alessandro VII,
costituenti tre ampie gallerie, cosi vaste, che in quella centrale potevano
transitarvi due file di vetture cardinalizie incedenti in senso contrario. In
mezzo alla piazza, un colossale obelisco egiziano, senza geroglifici, sormontato
da una reliquia della Croce e consacrato, appunto, all'esaltazione delle Croce.
E ai lati, lungo l'asse maggiore della piazza, due gigantesche fontane, dalle
quali irrompono delle vere cascate d'acqua, accrescendo coi loro getti
formidabili lo slancio delle linee verticali. Una vera selva di colonne !
Eppure, se ci muoviamo di pochi passi dall'obelisco, per sostare su di una
pietra circolare, sita nel centro di ogni emiciclo, la selva delle colonne
sparirà per incanto, e ognuno dei due colonnati ci apparirà come
un'unica fila di colonne, scoprendo tutta la semplicità costruttiva del
genio del Bernini e la perfezione tecnica della sua arte, che ha saputo creare
con una straordinaria semplicità di mezzi una scenografia stupenda, in
cui ogni elemento architettonico è calcolato sino all'inverosimile, al
fine di ottenere un'opera d'arte di perfezione assoluta e di meravigliosa
armonia. I due portici, che stringono come in un abbraccio ideale tutte le
genti, furono forse ispirati al Bernini dal bisogno di fondere in un quadro
armonioso gli elementi più disparati che si elevavano davanti alla
colossale basilica: dal nuovo grandioso edificio fatto costruire da Sisto V
verso la piazza I'attuale palazzo pontificio e dai loggiati aerei del
cortile di San Damaso alle pendici verdeggianti del colle gianicolense e alle
modeste costruzioni dei "Borghi". Ma indubbiamente formano il più
degno accesso alla più grande basilica del mondo, che può
riguardarsi anche come la massima opera del genio italiano e il trionfo del
genio del Cristianesimo, cui sono legati i nomi del Bramante, di Giuliano di San
Gallo, di Fra Giocondo, di Raffaello, di Baldassarre Peruzzi, di Antonio da
Sangallo il Giovane, di Michelangelo, del Vignola, di Carlo Maderno e di Gian
Lorenzo Bernini. Nessun monumento, difatti, né del mondo antico, né
del mondo moderno può reggere al confronto di questa immensa cupola,
innalzata a un'altezza vertiginosa, al di sopra di questa colossale basilica,
che supera di gran lunga persino i maggiori monumenti di Roma imperiale.
L'ingresso della basilica, però, è al di là della Piazza
San Pietro vera e propria, in fondo a un'altra piazza rettangolare, che si parte
dalla estremità dei portici, ampliandosi gradatamente e quasi
impercettibilmente, ed è preceduta da una immensa scalea a tre ripiani,
fiancheggiata dalle statue degli ApostoIi Pietro e Paolo e incurvata nella parte
centrale, per consentire al Sommo Pontefice di uscire a cavallo d'una mula, per
recarsi in San Giovanni in laterano subito dopo la cerimonia dell'incoronazione.
La facciata, dominata da statue colossali del Redentore e degli Apostoli e
da due orologi sostenuti da angeli e sormontati dalla tiara pontificia e dalle
chiavi simboliche della Chiesa, è lunga circa 115 metri ed alta oltre 45
metri. Ma più che dalla enunciazione delle sue misure, essa ci apparirà
in tutta la sua imponenza solo quando saremo ai piedi delle immense colonne che
ne adornano il prospetto e incorniciano la loggia per le benedizioni papali e la
proclamazione dei nuovi Pontefici, perché solo allora ci svelerà
una grandiosità impensata.
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