
TERRACINA - Veduta della città e località "Le Arene"
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CENNO GEOCRAFICO - Terracina è ubicata in una insenatura
lunata ai cui estremi sono, dal lato di ponente, il promontorio del Circeo, e
dal lato di levante la penisoletta di Gaeta. A Terracina strapiomba in mare
l'estremo sprone meridionale dei monti Lepini, con quella rupe del Pisco Montano
che cade a picco per quasi 100 metri, e che Traiano tagliò per l'altezza
di 128 piedi romani (= m. 37,88) per dare un percorso più agevole lungo
il mare alla Via Appia, che prima saliva a Terracina alta e di qui saliva ancora
a Monte S. Angelo. Alla ubicazione di Terracina su questo sperone roccioso
risponde, come meglio non si potrebbe, il noto verso di Orazio (Sat., I, 5, 26):
Impositum saxis late candentibus Anxur.
I monti Lepini che a
ponente di Terracina si allontanano considerevolmente dalla costa lasciando
senza naturale scolo una vasta regione in cui il ristagno delle acque ha creato
le paludi pontine, costituiscono a Terracina, col protendersi in mare, lo
sbarramento naturale e insieme la porta meridionale del Lazio; e da ciò
l'importanza militare antica di Terracina, punto di passaggio obbligato, secondo
la linea più breve tra Roma e la Campania. E in relazione appunto alla
necessità di unire Roma a Capua, i Romani che dovevano prima giovarsi
della Via Latina e della Valle del Sacco, costruirono nel 314-312 a. C. la Via
Appia. La quale superava a Terracina lo sprone roccioso dei Lepini salendo a
Monte S. Angelo per accostarsi ancora al mare dopo la Piazza Palatina (o Piazza
dei Paladini, come scrive il Lugli), presso la località Torre Canneto e
Fosso Canneto, che rimane a circa 2 chilometri in linea d'aria a levante del
Pisco Montano, e che un gruppo di studiosi identifica, forse a torto, con
l'antica Lautulae presso cui avvenne una famosa battaglia nel 315 a. C. tra
Sanniti e Romani.
IL NOME DELLA CITTA' - Due sono i nomi con cui la
città è chiamata in antico: Anxur e Tarracina. Anxur è nome
volsco per affermazione esplicita degli scrittori antichi (PLINIO, III, 3, 9,
5-6: oppidum lingua Volscorum Anxur dictum); e il nome è quello stesso di
Giove fanciullo (Iupiter Anxur o Anxurus), la divinità protettrice della
città, venerata sul sommo del monte imminente all'abitato e cioè
l'antico mons Neptunius (odierno Monte S. Angelo).
Quanto al nome
Tarracina, taluni studiosi lo fanno di origine preindoeuropea; altri lo
ritengono di origine etrusca, da riconnettere con Tarchna e Tarchuna, che è
lo stesso nome di Tarquinii. Il nome Tarracina sarebbe in tal caso anteriore al
nome Anxur dato alla città dai Volsci che fecero di Tarracina una loro
roccaforte. Quando nel 329 a. C. fu dedotta a Terracina una colonia maritima
civium romanorum, questa fu detta colonia anxurnas; tuttavia l'antica
denominazione Tarracina riprese poi il sopravvento.
TERRACINA, I LESTRIGONI E IL PAESE Dl CIRCE -
Va considerata null'altro che identificazione di carattere erudito
l'identificazione di Terracina col paese dei Lestrigoni, sostenuta dall'abate L.
Matranga (La città di Lamo stabilita a Terracina, ecc. Roma, 1852).
Più recentemente, in contrasto con la localizzazione al Circeo della
dimora di Circe, G. Baglio (Odisseo nel mare mediterraneo centrale cit. p. 34
segg.) partendo dal presupposto che nell'Odissea siano contenute precise
indicazioni geografiche come in un portolano, ritiene che l'isola Eea (Aiaie) di
cui parla Omero corrisponda, in prossimità e subito a ponente di
Terracina Alta, alla contrada "Le Arene", che "è una zona
stretta, ma lunga circa quattro chilometri e mezzo che a ponente arriva fino al
collettore di fiumi denominato Badino, a sud arriva al mare, e a nord è
limitata dal Canale di Mortacino". Per ciò che riguarda il levante,
il limite della zona sarebbe costituito dal fiume oggi detto "Canale di
Navigazione". Il belvedere rupestre su cui Ulisse salì
corrisponderebbe a sua volta all'acropoli di Terracina (e cioè al
castello dei Frangipane, o al convento di S. Francesco, o al Monte S. Angelo);
dal quale belvedere Ulisse avrebbe visto tutto il contorno dell'isola Aiaie e il
fumo levantesi dal palazzo di Circe. Al Pisco Montano sarebbe da collocare la
grotta dove furono conservate per un anno le attrezzature della nave di Ulisse;
e il punto più sporgente in mare del Pisco Montano sarebbe stato scelto
per la tomba di Elpenore, il compagno di Ulisse che sarebbe caduto dall'altana
della casa di Circe.
Il Pisco Montano e la tomba di Elpenore avrebbero
assunto, per i marinai ellenici dell'età di Omero, pensa il Baglio, un "significato
portolanico spiccato"; per il resto sarebbero "chiare plenarie e
precise" le corrispondenze topografiche" fra l'isola Aiaie di Omero e
l'isola Le Arene di Terracina". Contro l'opinione del Baglio è la
localizzazione al Circeo della dimora di Circe ritenuta nell'antichità da
Greci e da Latini.
POPOLAZIONE - Va considerata come una
leggenda dotta quella riportata da Dionigi di Alicarnasso sulla fondazione di
Terracina da parte di un gruppo di Laconi Spartiati insofferenti della legge di
Licurgo e approdati in Italia. Il fondo etnico del territorio di Terracina è
da ritenersi più verosimilmente costituito da Ausoni-Aurunci abitanti il
territorio immediatamente a sud di Terracina, mentre a nord il paese confinava
con gli affini Latini.
Le origini di Terracina sono comunque molto antiche,
come prova il materiale preistorico rinvenuto nella Caverna della Catena, ai
piedi del Pisco Montano, di cui riferisce il P. Angelo Secchi.
CENNO STORICO - Da notizie storiche sicure noi
sappiamo che Terracina fu una roccaforte dei Volsci; ma è estremamente
verosimile che prima dei Volsci la città sia stata tenuta dagli Etruschi,
e, prima degli Etruschi, dagli Ausoni-Opici (Pais).
Gli Etruschi, nel loro
moto di espansione verso il Mezzogiorno d'Italia (moto che è da collocare
fra il VII e il V secolo a. C., e che portò gli Etruschi al dominio della
Campania con centro a Capua e irradiazioni almeno sino a Pompei) seguirono certo
la via del Lazio, e, dopo Roma, dovettero dominare le coste del Tirreno fino al
litorale del Volturno, oltre il quale è presumibile si sia fatta sentire
l'influenza della colonia calcidese di Cuma. Alla fine del VI secolo a. C. o
agl'inizi del V il popolo volsco, una popolazione italica che aveva sede tra gli
Umbri, ma era di antica origine illirica, occupò Terracina e l'agro
pontino con le città di Circeii, di Anzio e di Velletri. Nella loro
avanzata i Volsci si spinsero fin quasi alle porte di Roma, e i Romani,
alleatisi con i Latini e guerreggiando con loro per circa un secolo e mezzo,
dapprima li contennero, poi li respinsero, infine li soggiogarono.
Anxur fu
presa dai Romani una prima volta nel 406 a. C. Il tribuno militare Fabio Ambusto
comandò l'assalto da ponente, e cioè dalla parte bassa della città
volta verso le paludi, ma inviò quattro coorti al comando di Gaio
Servilio Ahala ad aggirare dall'alto la città. Essendo stata trovata tale
zona quasi indifesa, fu relativamente facile ai Romani penetrarvi ed occuparla.
Attesi gli eserciti degli altri due tribuni militari che avevano condotto azioni
contro i Volsci di Anzio e di Ecetra, i soldati misero a sacco la città
vetere fortuna opulentam (Livlo, IV, 59). Nel trattato romano-cartaginese del
348 a. C. Terracina appare sotto il protettorato di Roma. Nel 329 a. C. venne
dedotta a Terracina una colonia maritima civium romanorum di 300 coloni, a
ciascuno dei quali vennero attribuiti due iugeri di terreno nella zona tra la
città e la punta del monte Leano, dove sono tuttora riconoscibili i
limiti della centuriazione.
L'avvenimento militare piú notevole
svoltosi presso Terracina fu la battaglia di Lautulae tra Romani e Sanniti
nell'anno 315 a. C. Secondo alcuni studiosi Lautulae va identificata con una
località costiera poco a levante di Terracina, e cioè col
cosiddetto Canneto di Campagna. Sgorgano qui quattro sorgenti (donde il nome
Lautulae) e qui presso, per chi veniva dalla Campania prima della "correzione"
litoranea traianea, era il punto più agevole di salita a "Piazza
Palatina" e a Monte S. Angelo dove la strada discendeva poi a Terracina
alta.
Ma l'identificazione è impugnata con valide ragioni da
Giovanni Colasanti, il quale, sulla base di un approfondito esame dei passi di
Livio, e per la sua piena conoscenza dei luoghi, colloca Lautulae tra Fondi e
Vallecorsa, in un passo tra i monti a nord di Fondi, e precisamente al "Passo
delle Querce" presso la località detta Acquaviva, tra il monte
Nibbio e il monte Calvo; il passo è anche in comunicazione con la valle
del Sacco (I'antico Trerus), per la quale i Romani erano soliti comunicare con
la Campania prima della costruzione della Via Appia (a. 314-312 a. C.)
Comunque, la battaglia di Lautulae, nella quale l'esercito romano era guidato da
Quinto Fabio Rulliano, fu d'esito incerto. I Sanniti avrebbero assediato
Terracina, ma invano, e subito dopo subirono una completa disfatta.
Per
lungo periodo dopo Lautulae non sono segnalati a Terracina avvenimenti notevoli.
Un'età di profondo rinnovamento fu l'età sillana, alla quale età
ci riporta il caratteristico tipo di costruzione in "opera incerta" di
numerosi edifici urbani, del tempio di Giove Anxur sull'alto del Monte S.
Angelo, e dell'ultima fortificazione dell'acropoli su quel monte.
Nell'età
fra Cesare e Tiberio la città si arricchisce di edifici monumentali.
Nel 69 d. C., nel periodo delle contese tra partigiani di Vitellio e partigiani
di Vespasiano, la città tenuta dai seguaci di Vespasiano venne in potere
dei Vitelliani per uno stratagemma che ricorda quello del 406 a. C. Grande fu la
carneficina; ma la città si arrese a Vespasiano, appena si seppe che
Vitellio era morto.
Con Traiano Terracina ha il nuovo tracciato litoraneo
della Via Appia e il porto; le relazioni tra Lazio e Campania se ne
avvantaggiano grandemente, e si creano le condizioni di una maggiore floridezza
commerciale, che attinge il suo punto culminante soprattutto sotto gli Antonini
e sotto Settimio Severo. Sorge e si sviluppa via via una Terracina bassa, dove
si costruiscono un nuovo foro, edifici termali, magazzini portuali, un
anfiteatro in muratura. Del foro nuovo si è trovata una vasta area
lastricata con un frammento dell'iscrizione che in lettere di bronzo alte m.
0,296 (un piede romano) forse ricorda, come nel Foro Emiliano, il magistrato cui
tale lastricatura è dovuta. Terracina diviene, dopo Ostia, la città
più importante del Lazio: lo attesterebbero l'abbondanza dei marmi
pregiati, la ricchezza d'acqua di cui la città fu approvvigionata, il
ricordo di istituzioni alimentarie, ecc.
La decadenza di Terracina va
attribuita alle stesse cause che promossero la decadenza generale dell'Italia.
Si rarefa il commercio nel porto, si riduce il movimento dell'Appia, vengono
abbandonati i vigneti in cui si produce il famoso cecubo. Si aggiungono le
devastazioni dei Visigoti di Alarico e dei Vandali di Genserico. Non più
mantenuti in efficienza i canali di scolo, la palude si allarga ed avanza con la
malaria.
Teodorico restaura l'Appia; Procopio, lo storico delle guerre di
Bisanzio, trova l'Appia ancora in buona efficienza nel Vl secolo; la tradizione
popolare dà ai ruderi imponenti sull'alto di Monte S. Angelo la
denominazione di "Palazzo di Teodorico".
In periodo successivo,
la decadenza si aggrava sempre più.