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ROMA E DINTORNI: MONTE S. BIAGIO - LENOLA - CAMPODIMELE |
CAMPODIMELE - Mura e Torri |
IN COLLINA, a guisa della poppa di una nave, di fronte al mare e a
cavaliere dell'Appia, dista 14 chilometri da Terracina e 9 da Fondi. Fu sino al
1863 Monticelli di Fondi, per distinguersi da Monticelli di Roccaguglielma
(Esperia) nella stessa Terra di Lavoro, e mutò il nome in Monte S. Biagio
per "un S. Biagio protettore del Comune".
Della rocca o castello
de Monticelli (de ducato Fundano) è menzione in una vendita del 1099
(Codex diplom. Cajet. II, 16162), nella quale è ricordato il noto monte
Arcano a denotare il confine dell'antico ducato di Gaeta verso Terracina. C'è
pure il ricordo nello stesso secolo XI del casale "Flex(u) ad Portellas",
detto cosi per una piccola curva dell'Appia, e un "casale positum foras
civitatem Terracinae in loco qui vocatur Flexu" fu donato da Leone conte
di Fondi a Pietro vescovo di Terracina (C. d. C., II, 152).
Il castello
baronale, oggi distrutto, aveva quattro torri; non rimane che un avanzo di una
di esse nel lato sinistro, con mura della cinta. Si nota anche un portichetto
del secolo XVI in una casa sul corso Vittorio Emanuele III.
La chiesa
parrocchiale di S. Gio. Battista si orna, nel centro della parete absidale, di
un pregevole trittico di CRISTOFORO SCACCO, il quale operò, come si è
detto, anche a Fondi, a Itri, a Sessa e in altre terre della Campania. Il
dipinto, cm. 277 x 180, rappresenta lo Sposalizio di S. Caterina della Rota tra
S. Gio. Evangelista e il Battista, l'ultima Cena e il Transito della Vergine, è
del I500 con la firma "Cristoforus Scacco de Verona pinxit"; fu fatto
per commissione del congiunto Evangelista Scacco di Monticello, "canonico
salernitano", che crediamo titolo onorifico, portato anche ad Arezzo, a
Sessa: tale era Giovanni Furacrapa, sessano, prima di esser nominato vescovo
della sua città nel 1493 (UGHELLI, Italia sacra, VI, 544).
TORRE DELL' EPITAFFIO e PORTELLA - Con una iscrizione latina (Hospes,
hic sunt fines Regni Neapolitani./ Si amicus advenis,/ pacata omnia invenies,
/et, malis moribus pulsis, bonas leges) fatta incidere nel 1568 dal duca d'Alcalà
Don Perafan di Ribera, vicerè di Napoli sotto il regno di Filippo II, su
una specie di tomba romana tuttora esistente sulla Via Appia presso la torre
detta appunto dell'Epitaffio, fra Terracina e Fondi, si annunziava ai forestieri
provenienti dall'ultima città dello Stato Pontificio l'ingresso nel
Regno di Napoli.
Da quella torre, che centoventi anni fa il Rossini nel suo
Viaggio pittoresco da Roma a Napoli (Roma, 1839) disegnò alla tav. 45,
cominciava propriamente una breve zona di rispetto, giacchè il vero
secolare confine del Regno delle Due Sicilie, presidiato da guardie napoletane,
era a Portella: un edificio costituito da due belle torri quasi cilindriche in
mattoni e travertino, congiunte da un portico e difese da un gran portone a due
battenti, che sorge sull'Appia tra il verde di una vegetazione rigogliosa di
aranci, ai piedi della collina sulla quale si stende Monte S. Biagio. Al Rossini
dobbiamo anche la rappresentazione di Portella, dove i viaggiatori subivano
visite minuziose. Da essa il titolo di "Duca di Portella" conferito
da Ferdinando I al Principe di Metternich ( 1819) .
DETTA UN TEMPO INULA, Inola, Enula avrebbe, secondo alcuni, origine
orientale da una colonia di Fenici o Enotri, i quali costruirono vari borghi
montani (Ambrifi, Apiola ecc.); altri, invece, ne attribuiscono l'origine ai
profughi Amiclani. Ma si tratta di ipotesi.
Si dice anche che su due templi
pagani dedicati ad Apollo e alla Pace sarebbero sorte, nel VI e X secolo, una
cappella (Madonna del Latte) e una chiesa (Divine Grazie); un altro
sull'Acropoli sarebbe stato trasformato in tempio cristiano e poi abbandonato
(S. Gio. Evangelista). E ancora, le chiese dell'Annunziata e di S. Croce dentro
e fuori il borgo medievale, dove ora semplici archi ricordano le porte di
accesso.
Ma le prime e sicure notizie del castello "qui dicitur Ynola"
risalgono alla seconda metà del secolo XI, col testamento del duca di
Fondi Littefreda, il quale offre al monastero Cassinese la terza parte a lui
spettante del ducato in mancanza di prole (Cod. dipl. Cajet., II, 115).
Esistette anche fuori l'abitato il monastero benedettino di S. Martino,
distrutto nella incursione del pirata Barbarossa (1534).
Lénola,
come zona di confine, ebbe a soffrire per il brigantaggio al pari di Monte S.
Biagio e Campodimele. Vi fu fiaccata l'ultima resistenza della famigerata banda
di Chiavone.
Interessante la chiesa di S. Maria del Colle (Santuario del
Colle), che domina il paese e risale ai primi anni del secolo XVII. Ha un altare
di pregevoli marmi, con edicola. La Conversione di Saul nel dipinto che vi è
conservato vuole forse rappresentare l'episodio del giovane lenolese al quale,
sul punto di commettere un delitto, apparve miracolosamente la Vergine col
Bambino (nella chiesa affresco del secolo XVII raffigurante la Madonna,
ridipinto nel secolo XVIII).
GIACE IN COLLINA, tra una corona di monti che culminano nel Faggeto
(m. 1259) e guarda il Santuario della Civita. Si vuole sorto da Apzola, di cui
fanno menzione PLINIO (Nat. hist., III, 5) e LIVIO (1, 15).
È cinto
di mura, con undici torri in buono stato. "In dicta terra non è
altra fortellecze se no che tusto lo corpo de la terra se chiama lo Castello de
Campodemele, (1491).
E ricordato (Campu de Melle) nel citato testamento del
duca di Fondi Littefreda (seconda metà del secolo XI) con Ynola e con
altri castelli, tra i quali Ambrifi, di cui si vedono gli avanzi nel suo
territorio, su un monte.
Fece parte della contea di Fondi. Nel 1647 fu
comprato da D. Maddalena Miroballo, moglie di Troiano, il quale fu reggente del
Collaterale, " per impetrar il titolo sopra detta terra", che fu
rivenduta nel 1674 al Principe di Stigliano per ducati 5.000.
Dal 1818,
soppressa la diocesi di Fondi, è con Monte S. Biagio e Lénola
sotto la giurisdizione gaetana.
Da menzionare il monastero diruto di S.
Onofrio, patrono del paese (festa 12 giugno), che un tempo appartenne ai monaci
cassinesi.
Nella chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo, trittico
della Vergine tra S. Sebastiano e S. Rocco; dipinto su tavola di m. 1,60 X 0,78
(residuo di un trittico) raffigurante la Vergine in trono col Bambino, con la
firma "Gabriel Feltrensis 1578 " ; alla parete centrale dell'altare
maggiore, S. Michele Arcangelo, quadro di m. 3 X 2, di ANTONIO SICUREZZA (1956).
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