QUARTO ITINERARIOIL CELIO, LE CATACOMBE E LA VIA
APPIA
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A. URBANI DEL FABBRETTO - La
Via Appia |
Partendo, perciò, dal Colosseo, ci dirigeremo verso il Celio
silenzioso, uno dei primi colli sui quali si estese presto l'antica città,
oggi, una serena oasi di pace, occupata prevalentemente da chiese solitarie e da
ville ammantate di verde.
Al di là dei ruderi imponenti del tempio
colossale, fatto erigere da Agrippina, la madre di Nerone, in onore di Claudio,
suo secondo marito, che quasi scompaiono sotto la ricca vegetazione di un
giardino sovrastante, la Piazza della Navicella, così denominata da una
leggiadra fontana cinquecentesca, avente la forma di una piccola nave romana; e
accanto a un portale ornato d'un mosaico cosmatesco, raffigurante Cristo tra due
schiavi, uno bianco e uno nero (avanzo di un antico ospedale), un'altra chiesa
soffusa di dolcezza e di mistero, con mosaici del tempo di Pasquale I, che
vediamo genuflesso ai piedi della Vergine nel catino dell'abside:
Santa
Maria in Domnica, la prima diaconia di Roma, rifatta nel IX secolo e rinnovata
al principio del 500 dal Cardinale Giovanni dei Medici, il futuro Papa Leone X,
e la fitta massa arborea della Villa Celimontana.
Di fronte, un maestoso
avanzo dell'Acquedotto Neroniano e la cupola caratteristica di Santo Stefano
Rotondo, una delle più antiche chiese circolari, con navate anulari
concentriche, in un'area abbandonata e deserta. Sorta nel V secolo sul Macellum
Magnum di Nerone, o più probabilmente sulle rovine di un tempio di
Fauno, venne trasformata da Nicolò V verso il 1450 e fu affrescata dal
Pomarancio e dal Tempesta, che vi rappresentarono con crudo realismo le più
orrende atrocità subite dai martiri. Non di meno, per il suo aspetto
singolare, è più simile a una moschea orientale, che a una chiesa
cristiana.