Attraversiamo,
ora, di nuovo la Via dei Fori Imperiali, per accedere alla zona del Palatino e
del Foro Romano, passando accanto alle Chiese dei Santi Cosma e Damiano e di San
Lorenzo in Miranda, sorte nelle celle dei templi della Via Sacra. Ma se il
Foro Romano, visto dal colle Capitolino, sembra vivo e palpitante di vita, al
contatto immediato sembra alquanto diverso. I singoli monumenti evocano ancora
immagini e visioni dell'antica Roma; nel suo complesso, però, sembra
soffuso d'un arcano senso di pace e di serenità idilliaca, che emana, più
che dai ruderi e dagli avanzi dei monumenti insigni, dalla ricca vegetazione,
che s'insinua tra le rovine dovunque formandone la più bella cornice, e
dalla verde corona d'alloro del Palatino, che domina con la sua massa arborea,
piena d'ombre, la scena incomparabile. Né valgono a turbarla le coppie di
amanti solitari, sparse per ogni dove, o le teorie di seminaristi d'ogni paese,
dalle tuniche multicolori svolazzanti. E quasi si è indotti ad
abbandonarsi al piacere fisico della contemplazione estatica della natura, che
qui ha la magìa dell'incanto. Ma dai ruderi imponenti del Foro si leva
una voce ammonitrice, e più forte del linguaggio della Natura è il
linguaggio solenne della Storia:
Ici, chaque pierre a son nom, ici, chaque débris sa
gloire.
Lasciamo dunque che parlino i ruderi, gli archi e le colonne, e
cerchiamo di immaginarci il Foro nella sua grandiosità unica al mondo.
A destra, verso l'attuale Via dei Fori Imperiali, la Basilica Emilia ,
divisa in cinque navate da quattro file di colonne di marmo africano e, di
fronte, un'edicola dedicata a Venere Cloacina, davanti alla quale Virginio
squarciò il petto della figlia, per sottrarla all'onta e al disonore,
segnando, così, I'inizio della rivolta contro la tirannia dei decemviri.
Poi la Curia solenne, dalla ricca pavimentazione policroma e le porte di bronzo,
dove aveva sede il Senato Romano e dov'era custodita la statua della Vittoria,
preceduta dalla Piazza dei Comizi e congiunta con un portico alla Segreteria del
Senato. Da qui Roma dominò fino all'avvento dei Cesari, qui venivano
decretati i trionfi, qui Roma scrisse le pagine più memorande della sua
storia immortale. Accanto, dal lato occidentale del Foro, verso il Campidoglio, la statua
equestre del prefetto Nerazio Cereale, il lapis niger (una pietra quadrata
che ricopre i resti della presunta tomba di Romolo, e perciò tra le
reliquie più insigni della città) e il grandioso arco di trionfo
onorario, eretto nel decimo anniversario dell'ascensione al trono di Settimio
Severo, coronato da trofei e dalle statue dell'Imperatore con i figli Geta e
Caracalla su una sestiga di bronzo dorato. A sinistra dell'arco, la tribuna,
decorata con i rostri delle navi prese ai Volsci nella battaglia di Anzio e
ornata di colonne con statue onorarie, dalla quale i più famosi oratori
di Roma parlarono alla folla, arbitra del suo destino; e, accanto, l'Umbilicus
Urbis, centro simbolico dell'Urbe, e il Volcanale, o Ara di Vulcano (uno dei più
antichi santuari di Roma, dell'epoca regia); una colonna di marmo rivestita di
bronzo, che portava segnate in lettere dorate le distanze delle principali città
dell'lmpero dalla capitale e la colonna rostrata, eretta in onore di Caio Duilio
dopo la vittoria di Milazzo sui Cartaginesi. In fondo, dallo stesso lato, ai
piedi del colle capitolino, ma in posizione dominante sul Foro, il Tempio della
Concordia , eretto a celebrazione della pace tra i patrizi e i plebei dopo la
secessione della plebe sull'Aventino, il Tempio di Vespasiano, innalzato in
onore del primo Imperatore della Casa Flavia, e il Portico degli Dei Consenti,
dove erano custodite le immagini delle dodici maggiori divinità
dell'Olimpo. Poi, in alto, la mole grandiosa del Tabularium e il Tempio di Giove
Massimo Capitolino emergente al di sopra delle costruzioni dell'arce.
Dal lato settentrionale del Foro, l'imbocco del Clivo Capitolino, per il
quale i cortei trionfali provenienti dalla Via Sacra ascendevano al Campidoglio,
e su di un alto podio, il Tempio di Saturno, dove si custodiva il tesoro dello
Stato e dove, nei saturnali, si riversava tra le colonne inghirlandate, la
fronte coronata di pampini, una folla ebbra di patrizi e di plebei e di padroni
e di schiavi, prosciolti da ogni vincolo di dipendenza e di obbedienza in
omaggio al Dio, che aveva bandito dal suo regno felice la schiavitù. Poi
l'Arco di Tiberio, eretto per ricordare le vittorie di Germanico sui Germani; e
poi la Basilica Giulia, dove era amministrata la giustizia e dove tenevano
riunione i centumviri, anche essa a cinque navate, che conservano ancora tracce
dei giochi degli oziosi e dei perditempo, con statue addossate alle colonne dal
lato del Foro. Quindi il Tempio di Castore e Polluce, elevato dal figlio del
dittatore Aulo Postumio per voto fatto dal padre ai Dioscuri prima di impegnare
battaglia con i Latini e i Tarquini al lago Regillo. Eretto nel 484 a. C. e più
volte rifatto, esso risuonò delle apostrofi di Cicerone e delle invettive
di Catone il Censore, quando nel suo pronao sedeva il Pretore, e da esso Publio
Cornelio Scipione Emiliano, il vincitore di Cartagine, si scagliò contro
gli schiavi affrancati tumultuanti nel Foro chiamandoli "falsi figli
d'ltalia ". Al di là del Tempio di Castore e Polluce, la fonte della
ninfa Giuturna e le statue equestri dei Dioscuri, che ad essa abbeverarono i
loro cavalli, quando apparvero per annunziare la vittoria dei Romani; e in
fondo, il colossale Tempio del divo Augusto, con l'Atrium Minervae (archivio
militare romano), dov'é, ora, la chiesa di Santa Maria Antiqua, che
conserva una rarissima serie di pitture murali dal V al X secolo. Infine,
dal lato orientale del Foro, il Tempio di Cesare divinizzato, preceduto da un
emiciclo, avente, al centro, un'ara rotonda, sulla quale fu cremato il corpo del
dittatore, e davanti al pronao, una tribuna, ornata anch'essa di sproni di navi
nemiche, da lui creata, quasi per contrapporla a quella dei Rostra, che era
stata fino al suo avvento il palladio della libertà. Alla sua destra,
l'arco di trionfo di Augusto, da cui si intravedeva il tempio circolare di
Vesta, fiancheggiato da una elegante edicola di marmo con l'effigie della Dea; e
accanto, la Reggia di Numa Pompilio, più tardi residenza dei Pontefici
massimi.
Sulla linea mediana del Foro, tutto lastricato di travertino, la statua
equestre di Costantino, la statua equestre colossale di Domiziano, abbattuta
subito dopo la sua morte per la "damnatio memoriae", inflittagli dal
Senato, un'area trapezoidale recinta, con i tre alberi sacri di Roma, il fico,
l'ulivo e la vite, e il lacus Curtius, avanzo di un'antica voragine, in cui un
giovane cavaliere romano d'origine sabina, M. Curzio, si sarebbe sprofondato
armato a cavallo per la salute del popolo, avendo l'oracolo predetto che la
voragine si sarebbe chiusa solo quando Roma vi avesse gettato quello che aveva
di più caro; e la colonna di Foca, omaggio servile dell'Esarca Smaragdo
all' "ottimo e clementissimo Foca", per onorare un Imperatore
d'Oriente dissoluto e crudele. La statua di Foca che era sulla colonna fu, poi,
abbattuta, appena il tiranno fu deposto e trucidato. A destra, i plutei di
Traiano: bassorilievi provenienti dalla tribuna dei Rostri; e più in là,
il piccolo Tempio di Giano, le cui porte restavano chiuse in tempo di pace. Di
fronte alla Basilica Giulia, sette altre colonne onorarie.
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