E ora che abbiamo ascoltato la voce solenne del Foro, ascendiamo al
Palatino, per il Clivus Palatinus, accanto all'Arco di Tito, o per il Clivus
Victoriae passando sotto le possenti strutture che nascondono i ruderi del
Palazzo di Tiberio e il Lupercale (la grotta ove, secondo la tradizione,
sarebbero stati rinvenuti Romolo e Remo), il più degno accesso al colle
sul quale sorse la Roma primitiva e dove i Cesari edificarono le loro fastose
dimore. Però ben poche tracce rimangono della primitiva Roma quadrata,
perché poco alla volta gli Imperatori allivellarono e spianarono tutto,
modificando l'aspetto stesso del colle, e, con le libertà repubblicane,
seppellirono sotto i loro giganteschi palazzi anche ogni vestigia dell'antica
città. Ma anche dei loro palazzi di marmo che cosa rimane? Poco o nulla.
E mentre i ruderi imponenti del Foro possono far rivivere in tutta la sua
grandiosità il centro morale e politico di Roma al tempo della sua
maggiore grandezza e delle fiere lotte del popolo romano per la difesa della sua
libertà, i pochi ruderi del Palatino non riescono neppure a dare una
pallida idea degli aurei palazzi dei Cesari, dove pure si forgiò il
destino di Roma, perchè ben pochi sono gli avanzi superstiti degli
orgogliosi palazzi, che assai spesso albergarono il terrore e il tradimento, e
delle pietre che solo degli schiavi avevano calpestato. Schiavi, anche se prodi
condottieri, poeti, letterati, o alti dignitari, che avevano avvilito il loro
brando, le loro funzioni, o la loro alta missione, mettendoli al servizio della
tirannia e del dispotismo, per godere il favore di un monarca, il più
delle volte dissoluto e crudele, onde persino di Augusto, Ludovico Ariosto, poté
dire
Non fu sì santo nè benigno Augusto come la tuba di
Virgilio suona.
In compenso, però, per la sua ricca vegetazione, in cui rivive
la flora del viridario di Settimio Severo, e per la sua posizione eccelsa, quasi
una aerea terrazza librata nel cielo di Roma, il Palatino è uno dei
parchi più suggestivi che esistano.
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