ROMA E DINTORNI

S. FELICE CIRCEO
S. Felice Circeo: Torre Olevola (sec. XVI)

S. FELICE CIRCEO - Torre Olevola (sec. XVI)

Sulla rocca di S. Felice Circeo, fra le piú forti e sicure dello Stato Ecclesiastico, manchiamo quasi completamente di notizie storiche per il periodo anteriore al 1100, all'infuori di scarsi accenni sulle gravi distruzioni subite da parte dei Goti di Alarico nel 410 sappiamo inoltre che nel 546 fu conquistata da Totila, re degli Ostrogoti e nell'846 nuovamente distrutta dai Saraceni. Nel 1118 il pontefice Gelasio II ordina la restituzione del castello ai Terracinesi, i quali dovevano averlo quindi in custodia prima che fosse affidato da Pasquale II (1099-1118) al cardinale Ugo di Alatri. Quando i Frangipane s'impadronirono di Terracina, essi occuparono anche il Castello di S. Felice che nel 1203 ritornò in potere dei Terracinesi dopo che questi si furono liberati dal servaggio imposto dai Frangipane. Consegnata per ordine di papa Innocenzo III a Pietro Annibaldo, suo nipote per parte di sorella, nel 1207 la Rocca fu affidata di nuovo ai Terracinesi, i quali giurarono di difenderla e mantenerla a favore della famiglia Frangipane.
Da una pergamena conservata nell'archivio della Casa Caetani risulta che nell'anno 1259 i Cavalieri Templari del convento di S. Maria Aventino di Roma avevano il pieno dominio nella terra di S. Felice, con torre, case, vigne, territorio: dominio che cedettero al nobile di Terracina Giordano Vicecancelliere e Notaro di S. Chiesa, che era della famiglia Pironti, diramata da quella dei Conti.
Il 3 febbraio 1270 gli uomini del Castello di S. Felice giurarono sui vangeli perpetua fedeltà alla città di Terracina di cui ottennero la cittadinanza.
Dai Pironti passata agli Annibaldeschi, potente famiglia romana nel 1301 Riccardo degli Annibaldeschi vendette il Castello di S. Felice colla sua Rocca, vassalli, territorio col mero e misto imperio e il Lago di Paola a Pietro Caetani, nipote di Bonifacio Vlll. Da quell'epoca la famiglia Caetani continuò ad esserne padrona per più di quattro secoli, sebbene varie volte l'abbia perduta o ne fosse spogliata nelle vicende delle lotte fra le potenti famiglie romane. Per breve tempo ceduta a re Roberto di Napoli, nel 1332 dai Caetani di Sermoneta passò ai Caetani conti di Fondi. Nel 1403 la comunità di S. Felice, data l'esiguità del suo territorio, ottenne da papa Bonifacio IX l'uso di seminare una porzione del territorio di Terracina. Nel 1941 Alfonso d'Aragona in lotta con Eugenio IV entrò nello Stato della Chiesa, e dopo essersi impadronito di Terracina, assalì il Castello di S. Felice, lo spianò e distrusse interamente e costrinse parte degli abitanti a trasferirsi a Terracina. Occupato dalle forze di papa Pio II, i Caetani ebbero restituito il Castello da Niccolò V, eccettuato il sito dove una volta stava la fortezza, riservata in potere della Santa Sede, con espressa proibizione ai Caetani di edificarne un'altra senza il permesso della Santa Sede stessa. Acquistato da papa Alessandro VI per la figlia Lucrezia Borgia, il Castello, che nel 1501 ebbe a subire nuove e vaste devastazioni dalle milizie di Federico di Napoli, ritornò ai Caetani nel 1506 con facoltà di ricostruire la fortezza. Nel 1562 Pio IV ordinò al cardinale Niccolò Caetani che fabbricasse a proprie spese quattro torri intorno al monte, a condizione che il loro armamento, le munizioni ed il presidio militare fossero a spese della Camera Apostolica. Successivamente, per vendita o baratto il feudo passò ai Ruspoli ed agli Orsini, ritornando nel 1720 alla Camera Apostolica. Questa, nel 1808, per sopperire alle spese che doveva affrontare per la fornitura dell'armata francese, fu obbligata a venderlo a Sua Altezza il Principe Stanislao Poniatowski per il prezzo di scudi 86.000. Ma anche il Poniatowski, il quale aveva fatto molti miglioramenti nel palazzo baronale e nel palazzino di Paola, nel 1822 dovette restituire la terra di S. Felice alla Camera Apostolica alla quale rimase fino al 1870, quando divenne patrimonio dello stato italiano che successivamente l'alienò.
Durante il medio evo e fino alle soglie dell'età contemporanea, il Castello di S. Felice e le torri che lo circondavano ebbero importanza soprattutto per la difesa di quel tratto di costa e del mare prospiciente dalle incursioni dei pirati barbareschi. Infatti, ancora nel 1727, pirati tunisini, sbarcati all'improvviso, portarono in schiavitú 25 persone del Castello di S. Felice. Ma ben altra era la preda alla quale miravano. Lo sbarco avvenne il 3 maggio: il giorno precedente papa Benedetto XIII, in viaggio lungo la costa da Roma a Terracina, si era imbarcato di buon mattino a Torre Paola su una feluca pontificia, sfuggendo così, per puro miracolo, alla cattura.

ARTE - S. Felice, data la sua funzione esclusivamente strategica, posta in un punto isolato del Lazio, segregata dal resto della regione da paludi e da boscaglie intransitabili, manca completamente di ogni manifestazione artistica.
Di qualche interesse è la Torre dei Templari che sorge sulla piazza principale della città. Ha la pianta quadrata caratteristica delle torri di quell'Ordine. La finestra a croce in parte occlusa, che si trova sulla facciata di levante è stata aperta evidentemente alla fine del '400. Annessa alla Torre e con essa comunicante era la Casa dei Cavalieri, la cui facciata presenta nel primo piano una serie di archi a tutto sesto presentemente chiusi per ricavarvi ambienti di abitazione.
Notevoli le torri in parte quadrate, in parte rotonde, che orlano il promontorio lungo il mare. Esse sono state costruite nei secoli XV e XVI per avvistare soprattutto legni di corsari barbareschi che infestavano le spiagge del medio e basso Tirreno. Interessante la bella Torre rotonda di Paola, la quale ancora nella prima metà del secolo scorso venne fornita di nuove artiglierie.


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