
CIRCEO - Vista dal mare
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CENNO GEOGRAFICO - Il promontorio del Circeo, alto m. 541 sul
livello del mare, si protende nel mare Tirreno a mezza via tra Anzio e Gaeta, e
costituisce dal lato di ponente il limite del piccolo golfo di Terracina. Il
massiccio del promontorio è tutto circondato da aree pianeggianti, sicché
non c'è da stupirsi se, specialmente dal mare, esso ha l'apparenza di
un'isola. Ancora oggi entro il cordone litoraneo e a nord-ovest del Circeo sono
alcuni piccoli laghi (da nord a sud: il lago di Fogliano, il lago di Caprolace e
il lago di Sabaudia, già detto lago di Paola); ed è verosimile che
vaste aree lagunari esistessero nell'antichità anche dal lato di
Terracina, prima che le alluvioni dei piccoli corsi d'acqua scendenti dai monti
Lepini (e specialmente dell'Anasno e dell'Ufente) legassero maggiormente il
Circeo con il retroterra.
Ai piedi del promontorio che scende con pendii
assai ripidi specialmente dal lato di ovest, si aprono al livello del mare
numerose grotte, tra le quali quella più conosciuta oggi è la
grotta detta della maga Circe.
PREISTORIA. IL PALEANTROPO DEL MONTE CIRCEO -
Nelle più che trenta grotte naturali litoranee che, a partire dal 1936,
Alberto Carlo Blanc ha esplorato nel massiccio calcareo del monte Circeo egli
ha constatato l'esistenza di giacimenti paleolitici riferibili a due culture
preistoriche: una più antica di tipo musteriano per la quale egli ha
proposto la denominazione di pontiniana, una più recente di tipo
aurignaziano medio, per la quale egli ha proposto la denominazione di circeiana.
Le grotte sono dovute a fenomeni di carsismo: le azioni dinamiche e chimiche
del mare tirreniano hanno messo in rilievo ed ampliato le cavità
costiere durante l'ultimo periodo interglaciale. Successivamente, e cioè
nell'ultimo periodo glaciale, vi è stata una regressione marina fino a
100 metri circa sotto il livello marino attuale, sicchè le grotte son
rimaste all'asciutto e ancora, nel periodo che dalla fine del periodo glaciale
giungé fino a noi, il livello massimo è risalito fino allo zero
attuale.
L'uomo ha assistito a questi grandiosi fenomeni naturali di
trasformazione dell'ambiente biologico; senonchè, nella regione del
Circeo, se si erano già da lungo tempo constatati i giacimenti
paleolitici sopra ricordati, mancava il ritrovamento di fossili umani, finchè
il 24 febbraio 1939 nella zona litoranea ai piedi di S. Felice Circeo e
precisamente in un terreno adiacente all'albergo A. Guattari, in uno scasso di
una cava di pietrisco, si rinvenne I'apertura di una antica grotta occlusa da
decine di millenni per effetto di una frana caduta dall'alto del monte, e
risultante di pietrisco che si era venuto via via cementando. In uno degli antri
secondari di questa Grotta Guattari (che porta il n. 32 nella pianta Blanc delle
grotte litoranee del Circeo) si rinvenne un teschio umano giacente tra alcune
pietre disposte in circolo, insieme con ossa fossili di cervidi, suidi ed
equidi. Il cranio, che ora è presso l'Istituto di Antropologia
dell'Università di Roma, presenta i più tipici caratteri dei
cosidetti uomini di Neanderthal (fronte sfuggente ed appiattita, accentuata
platicefalia, ecc.). In relazione al calendario geologico basato sulle
variazioni della radiazione solare, calcolato da M. Milankovitch, I'uomo del
Circeo dovette appartenere ad un'età che si aggira sui 70.000 anni prima
dell'era cristiana.
CIRCE ED ULISSE La leggenda ha sin da antico
tempo localizzato nel Circeo l'abitazione della maga Circe. Per Omero il Circeo
è un'isola. Ulisse, salito su un'alta "vedetta di rupi" scorge
nella sua interezza il contorno dell'isola
e il pelago tutto
d'intorno la stringe e ghirlanda (OMERO, Odissea, canto X).
E
proprio nel mezzo dell'isola, e in "un'aprica pianara" L'eroe vede
alto levarsi un fumo fra dense boscaglie e fra selve.
È
la dimora di Circe "maestra di filtri" e al di là del palazzo
di lucida pietra abitato da Circe, si vedono tutto in giro "ampie strade".
Ma il Circeo non è un'isola; è, fin dall'era terziaria, il
promontorio di una penisola; e non vi si possono vedere "ampie strade".
Per conciliare i dati topografici omerici con la realtà del Circeo si è
notato che coloro che, come i navigatori greci antichi, osservavano il Circeo da
mare non solo vedevano il sole levarsi dietro il promontorio (Circe è "
figlia del sole"), ma erano portati a ritenerlo un'isola, circondato com'è
d'ogni lato da lagane e paludi e così pure potevano ritenerlo un'isola
coloro che l'osservavano dalla terraferma, avuto riguardo alle paludi e al mare
che lo chiudono. Ai limiti della palude sono talora veri boschi di querce e
folti macchioni, che hanno, in qualche caso, straordinario rigoglio; e tra
questi macchioni sarebbe stato il palazzo di Circe.
Peraltro, come spiegare
l'"aprica pianara" e le "ampie Strade"?
Il Romagnoli
nella prefazione che fa da commento alla sua traduzione dell'Odissea ricorda che
alla falde dei monti Lepini (falde che son tutte intersecate da valloncelli
boscosi), e precisamente ai piedi del monte Leano, a 3 miglia da Terracina, son
le rovine del tempio di Feronia, una dea delle fiere (Feronia da fera), la quale
sarebbe da identificare con Circe, la dea attorno al cui palazzo si aggiravano
lupi ed alpestri leoni. Si veda anche Virgilio (Aen., VII, 10 e sgg.).
Nella fertile pianara dove sorge il santuario di Feronia cresce, tra l'altro,
anche il moly, il magico fiore che Ermete dà ad Ulisse perchè egli
possa esser preservato dai filtri di Circe, e che i botanici identificano con
l'atriplex halimus dalla nera radice e dal pallido fiore giallastro.
Quanto
alle "ampie strade" che Ulisse vede dal suo belvedere rupestre, il
Romagnoli ricorda che in aprile l'asfodelo (il porrazzo) apre i suoi fiori
biancorosei, che son frequenti soprattutto là dove l'humus è poco
profondo. Avviene perciò non di rado, nel Lazio, di vederne lunghissimi
nastri perdentisi all'orizzonte, là dove correvano antiche strade: delle
quali strade non poche si dirigevano dai monti Lepini verso le paludi pontine,
già da tempo antichissimo, quando quelle terre erano non già
paludose, ma, come dice la tradizione, fertilissime, anzi le più ricche
del mondo preromano, e servite perciò da una fitta rete stradale.
IL CIRCEO IN ETA' STORICA - Circeii fu in tempo
assai antico al pari di Cuma, centro di commerci e di cultura ellenica (E.
Pais).
Furono i navigatori greci che localizzarono qui il mito omerico di
Circe; e tuttavia, secondo un'opinione autorevolmente sostenuta, il nome Circeii
non deriva dal nome della maga Circe, ma dalI'aspetto rotondo del promontorio
(in latino = circus; in italiano = cerchio, circolo).
Là dove è
oggi San Felice, a m. 98 sul mare, sorse una piccola città detta Circeii,
che divenne uno dei capisaldi dei Volsci quando questo popolo che, secondo
taluni, è originario dell'Illiria, si spinse dalle piú recenti
sedi umbre verso il Tirreno, sulla fine del secolo VI o agli inizi del secolo V
a. C.
A Circeii i Romani dedussero nel 393 a. C. una colonia di diritto
latino, la quale, insieme con altre undici colonie, pure di diritto latino, fu
tra le poche che rifiutarono aiuti a Roma in occasione della guerra annibalica.
Il diritto della cittadinanza Circeii lo acquistò solo al tempo della
guerra sociale.
L'esistenza di talune costruzioni di età imperiale
sulla costa occidentale del promontorio del Circeo, nella località "Palazzo"
non lungi dalla Torre Paola (e cioè sul lago già detto di Paola,
ora di Sabaudia) ha fatto ritenere a chiari studiosi - tra cui il Beloch, il De
la Blanchère e Th. Ashby - che sulla fine dell'età repubblicana di
Roma, o, al più tardi, al principio dell'impero, la città di
Circeii si sia trasferita col suo nucleo più notevole presso il lago di
Paola.
L'opinione deve considerarsi erronea. E' verosimile che con i lavori
della Fossa Augusta intrapresi da Nerone per unire il lago di Averno ad Ostia
per mezzo di un canale navigabile entro terra (TAC., Ann., XV, 42), e con la
costruzione delle sponde in muratura di un canale di comunicazione tra l'odierno
lago di Sabaudia e il mare, si sia determinato nella regione un maggiore
movimento commerciale e una connessa maggiore attività edilizia. D'altra
parte sul lago di Sabaudia sono le rovine della villa che Domiziano, amante dei
paesaggi appartati e un po' selvaggi, si fece qui costruire. E' stata
l'esistenza di queste strutture murarie domizianee - prima non identificate come
pertinenti ad una villa - a far ritenere agli studiosi che Circeii sia stata
trasferita in età imperiale sul lago di Paola.
LA CITTA' - Dell'abitato di Circeii a S. Felice
non ci sono giunti che alcuni tratti delle mura poligonali e pochi muri interni
in opera reticolata. La città ha pianta grossolanamente rettangolare, ed è
attraversata nel senso del decumano dalla sua via principale d'accesso, che
viene da Terracina (la Via Severiana).
Il lato meglio conservato delle mura
è quello di sud-est, e in esso il tipo del poligonale risulta di blocchi
non squadrati nè levigati: tra gl'interstizi, talora assai larghi, sono
inserite scaglie di risulta. Lo spessore di queste mura raggiunge talora i 3
metri; le case moderne sovrapposte alle mura hanno rispettato il tracciato
antico.
ACROPOLI - Ben più notevole degli avanzi
di mura della città sono gli avanzi delle mura dell'acropoli. L'acropoli
sorgeva su uno sperone di monte a circa 300 metri di altezza sul mare, e si
data, come del resto la murazione urbana a S. Felice, dall'età della
deduzione della colonia di diritto latino (a. 393 a. C.). L'acropoli stessa ha
approssimativamente la forma di un quadrilatero che angoli e smussi determinati
dall'andamento della roccia rendono assai irregolare. Le dimensioni
approssimative sono di m. 190 X 95.
L'opera poligonale è, nel suo
insieme, assai notevole. I blocchi giungono talora a m. 2,78 di lunghezza in
fronte; in qualche punto il muro urbano giunge a m. 5,60 di altezza nella parte
esterna, e a m. 4,35 dal lato interno; lo spessore cresce via via con lo
scendere della muraglia verso il basso; in un punto che rimane a 3 metri sotto
il coronamento (che non è però l'originario) tale spessore è
di m. 2,33.
In fronte, dal lato esterno, l'opera poligonale risulta di
blocchi bene squadrati, ben levigati e bene uniti sui margini, anche quando la
giunzione sia obliqua, o un blocco si incassi in un altro per uno spigolo. Dal
lato interno, al contrario, i blocchi sono senza alcuna rifinitura nei contorni,
ed hanno le dimensioni più diverse, presentando così quell'aspetto
che solitamente vien detto "ciclopico", è da escludere
ovviamente che l'opera appartenga a due periodi diversi, sicchè anche il
lato interno è da riportare all'età della deduzione della colonia.
Tra le due cortine il riempimento è fatto con scaglie di risulta.
L'acropoli non era abitata: essa serviva unicamente da luogo di difesa in
occasione di pericolo; nell'interno dell'arce è una cisterna; tra l'arce
e la città si fece correre un muro, anch'esso in opera poligonale, non
diversamente da come si fece a Praeneste.
Nel punto più alto del
monte, su una spianata artificiale, son talune vestigia appartenenti con tutta
probabilità a un tempio dedicato a Venere o alla dea Circe identificata
con Venere vi fu trovata la testa della dea ivi venerata e un'ara dedicata a
Circe santissima. La testa è ora nel Museo Nazionale delle Terme.
VILLA DI DOMIZIANO SUL LAGO DI PAOLA, ORA DI
SABAUDIA - Particolarmente notevoli sono le rovine di una villa fastosa che è
stata dal Lugli assegnata, in ragione soprattutto del tipo delle strutture
murarie, e per taluni accenni di Marziale, all'imperatore Domiziano (81-96 d.
C.). Nel 1934, col contributo dell'Opera Nazionale Combattenti e poi del Comune
di Sabaudia, vi sono stati condotti fruttuosi scavi diretti da G. Jacopi. Tra i
ruderi attiravano già l'attenzione, in modo particolare, uno stabilimento
termale con tre grandi esedre, due bei colonnati, alcune grandiose cisterne, un
piccolo ninfeo sul lago, e altre strutture; con gli scavi Jacopi si è
messo in luce, fra I'altro, un quadriportico pavimentato in opus spicatum
marmoreo policromo, "esempio forse unico del genere", e sono stati
scoperti anche alcuni pregevoli affreschi parietali a sfondo architettonico, e
con figure, di piccole e di grandi dimensioni.
Dalla villa si sono altresì
già da tempo recuperate sculture in gran numero, di cui una veramente
insigne, e cioè l'Apollo detto di Cassel, che è una replica da un
originale famoso, pel quale si è fatto anche il nome di Fidia. In
occasione degli scavi Petrini del 1798 si rinvennero altre ventinove tra statue
e frammenti di statue, e, tra esse, la statua del satiro col flauto traverso,
oggi nel Braccio Nuovo del Museo Vaticano. Alcune sculture, pure provenienti dal
lago di Paola, si trovano ora nel Museo Civico di Terracina, dove è
altresi un'iscrizione della stessa provenienza, che ricorda un Lucio Faberio
Murena, quatuorviro ed edile, che costruì un vivaio per pesci presso il
lago di Paola, utilizzando, per la cultura del vivaio, I'alternanza dell'alta e
della bassa marea.
Non è improbabile che sia appunto di Faberio
Murena quella singolare piscina che è detta volgarmente "piscina di
Lucullo", che non fa parte dei monumenti della villa imperiale.
Tra il
Ponte Papale (di Innocenzo XIII, del 1721) e la Casa dei Pescatori son da
ricordare anche i resti del canale in muratura costruito per porre in
comunicazione col mare la Fossa Augusta neroniana.
Infine è da tener
presente che al piede settentrionale del promontorio del Circeo, fra Torre
Vittoria e Torre Paola correva la Via Severiana che, provenendo da Terracina,
proseguiva per Torre Astura e per Anzio.