TERZO ITINERARIO

LA VIA DEL MARE E IL FORO BOARIO, L'AVENTINO
SAN PAOLO FUORI LE MURA, OSTIA ANTICA E
IL LIDO DI ROMA


SAN NICOLA IN CARCERE

Dal Foro Olitorio, la Via della Consolazione (dalla chiesa omonima), ampliata in seguito ai lavori per l'isolamento del Campidoglio, che congiunge la Via del Mare con la Via dei Fori Imperiali.
Noi, però, proseguiremo per la Via del Mare, tra i grandiosi palazzi moderni degli Uffici del Comune, dopo aver dato uno sguardo alla zona archeologica contigua alla chiesa di Sant'Omobono, venuta recentemente alla luce durante i lavori di scavo per la costruzione dei nuovi edifici. E poco dopo, sfoceremo a Piazza della Bocca della Verità  L'antico Foro Boario  una delle piazze più tipiche e più pittoresche di Roma e uno dei centri di maggiore interesse turistico per la ricchezza e la singolarità dei suoi monumenti: una vasta piazza irregolare prospiciente l'ansa del Tevere, adorna d'una fontana barocca e d'aiuole fiorite, con lo sfondo della Chiesa di Santa Maria in Cosmedin, fiancheggiata da un esile campanile romanico; due templi romani, dal lato del fiume; i resti di una scenografica casa medioevale, all'imbocco della Via del Mare; e verso il Palatino, dominato dalla fitta massa verde degli Orti Farnesiani, il singolare Arco di Giano Quadrifronte.
Il primo dei due templi verso il Tevere, preceduto da un portico con quattro colonne ioniche scannellate di suprema eleganza, conosciuto sotto il nome di Tempio della Fortuna Virile, ma probabilmente dedicato alla Mater Matuta, è uno degli edifici meglio conservati di Roma antica, ed è un interessantissimo esempio dell'architettura grecoitalica dei tempi repubblicani. Il secondo, detto Tempio di Vesta, è un interessantissimo tempio circolare del I secolo dell'lmpero, adorno di colonne corinzie scannellate, purtroppo privo della trabeazione marmorea e della copertura originaria. I resti della casa medioevale all'imbocco della Via del Mare, probabilmente sono i resti di una torre eretta dai Crescenzi a guardia del prossimo passaggio del fiume, e per la massima parte, sono costituiti da frammenti d'antiche costruzioni romane. La fontana barocca è composta di due tritoni su di una scogliera che sostengono una tazza a conchiglia di bellissimo effetto. Ma la gemma più fulgida della Piazza della Bocca della Verità è la Chiesa di Santa Maria in Cosmedin, anteriore al VI secolo, una di quelle chiese affascinanti, che conservano ancora il candore e il profumo dei primi secoli del Cristianesimo. Eretta probabilmente su un antico tempio di Ercole, attiguo alla Statio Annonae, di cui si vedono, incastrate nella chiesa, alcune colonne, e donata da Adriano I ai Greci, espatriati in seguito alla persecuzione degli iconoclasti, da essi prese il nome di Schola Greca, e dai loro ricchi ornamenti orientali, quello di Santa Maria in Cosmedin: parola greca, che significa, appunto, ornamento. Nonostante i vari restauri e rifacimenti posteriori, conserva intatto l'aspetto che aveva all'VII secolo, salvo alcune aggiunte del XII secolo, come il portico e il bellissimo campanile a sette piani. All'ingresso, il portico ci trasporta in pieno Medioevo, con la sua ingenuità e le sue leggende: due mascelle di balena, conservate come cose sorprendenti, e una grande pietra circolare, rozzamente scolpita, da cui la piazza prese il nome, raffigurante un volto umano con gli occhi e la bocca spalancati: la Bocca della Verità, intorno alla quale la fantasia popolare favoleggiò di un Dio implacabile, che con la sua bocca stringeva in una morsa l'empia mano di chi tradiva la verità; probabilmente l'immagine di una divinità fluviale, adoperata come chiusino di un pozzo o di una fogna. Purtroppo le labbra marmoree della Bocca della Verità sono rigidamente immobili da secoli, e l'uomo mendace d'oggi non si degna nemmeno di sfidare più il Dio ignoto, relegato in quest'angolo come in una soffitta! Ma il fascino di Santa Maria in Cosmedin è alI'interno, dove, in una dolce penombra, brillano, ai raggi del sole che tramonta, gli smalti e gli ori dei mosaici cosmateschi e splendono le superfici lisce dei marmi bianchi, levigati, ai quali il tempo ha dato una soave patina d'avorio: una chiesa semplice e austera, divisa in tre navate da pilastri e colonne, e una navata centrale nuda e disadorna, in cui risaltano la schola cantorum con gli amboni e il candelabro pasquale, la transenna del presbiterio, il ricchissimo pavimento d'opas alexandrinum, la sedia episcopale e il magnifico baldacchino dell'altare maggiore, che spicca sullo sfondo dell'abside come un tabernacolo d'avorio filigranato d'oro. E tutt'intorno, la pace solenne e profonda delle mistiche chiese dei primi secoli. A sinistra dell'abside, avanzi di un affresco dell'XI secolo con un graffito greco; in fondo alle navate laterali, absidiole, anch'esse affrescate, con altre transenne di marmo; e nella sagrestia, frammenti del celebre mosaico dell'Epifania, del VII secolo, proveniente dalla Basilica di San Pietro in Vaticano.