TEMPIETTO DI S. PIETRO IN MONTORIO     (for english version click here)

S. Pietro in Montorio, di grande importanza per i successivi sviluppi, può quasi considerarsi il manifesto del nuovo rinascimento. Il tempietto fu costruito per Ferdinando e Isabella di Spagna, nel luogo in cui la tradizione collocava il martirio di S. Pietro.

La scelta, per questo tempio, della forma circolare è di grande importanza.
Si dice spesso che gli architetti Cinquecenteschi italiani, nella loro passione per le chiese a pianta centrale, inseguivano con ardore ideali pagani; e si è anche sostenuto che il S. Pietro del Bramante, con la sua pianta centrale, rappresenta una specie di trionfo della mondanità. Tutto ciò si basa sul falso presupposto che le chiese cristiane dovevano essere cruciformi. In realtà le più antiche chiese cristiane erano di due tipi, il Martyrium e la Basilica, le prime a pianta centrale, in quanto monumenti commemorativi, mentre le seconde cruciformi per ospitare i fedeli. Quindi per il Bramante, studioso degli edifici paleocristiani e dell'architettura tardo antica, era l'unica soluzione plausibile.
Il tempietto è costituito da due cilindri, il peristilio e la cella, il primo basso e largo la seconda alta e stretta. La larghezza del peristilio è uguale all'altezza della cella (escludendo la cupola) e questi semplici rapporti proporzionali si possono rintracciare in tutto l'edificio. La cupola essendo emisferica è proporzionale alla cella.

I riferimenti formali del tempietto sono: il tempio rotondo vicino al Tevere ed il famoso tempio di Sibilla a Tivoli, entrambi con peristili simili a quello del tempietto, ma con un'importante eccezione. Il Tempietto di Tivoli deve la sua fama alla estrema ricchezza del fregio dell'ordine corinzio, mentre il tempietto è il primo edificio moderno dove l'ordine tuscanico viene usato correttamente. Infatti, come Vitruvio faceva osservare e l'Alberti ribadiva, gli ordini da adottare nei tempi dovevano essere consoni al carattere di coloro cui venivano dedicati (dea vergine: corinzio; Ercole e Marte: dorico).
Bramante ritenne l'ordine tuscanico (che è simile a quello dorico romano) adatto al carattere di S. Pietro.
Utilizza colonne recuperate da un edificio antico probabilmente di ordine ionico o corinzio cui fornisce nuove basi e nuovi capitelli marmorei di tipo tuscanico. Lo spazio tra le colonne, per motivi simbolici e di visibilità del piccolo edificio, è al limite delle dimensioni umane, quindi con l'effettiva accessibilitè. Il livello retrostante - quello del corpo murario scompartito da paraste che sono le proiezioni delle colonne esterne - finisce così sotto questo limite e si presenta come una struttura irreale, rappresentata piuttosto che costruita; infatti gli elementi che sono necessariamente legati alla scala umana - porte, finestre e nicchie - occupano per intero gli intercolumni troppo stretti, o addirittura esorbitano da questi, sovrapponendosi alle paraste con paradossale effetto di interferenza. Anche l'architettura del tamburo che si vede in secondo piano dietro la balaustra emergente in piena luce, é contratta e semplificata, come nei piani attici degli antichi monumenti trionfali.
Il fregio é decorato con metope e triglifi a ritmo alterno. Le metope si differenziano da quelle dell'ordine classico consueto, mentre si richiamano al fregio del tempio di Vespasiano nei bassorilievi raffiguranti suppellettili liturgiche. La conformazione della cornice esterna del porticato viene ripetuta anche nella cornice interna e nella cornice del corpo murario, contraendo solo le misure in pianta e tenendo costanti quelle in alzato.
Nonostante le minuscole dimensioni, il tempietto contiene il germe dei grandiosi progetti del Bramante per la ricostruzione di S. Pietro; ed é in questo contesto che esso va analizzato se vogliamo capire l'opera del Bramante e, attraverso di lui, l'architettura italiana del 500.
Oltre al tempietto, come sappiamo da una tavola del Serlio, il Bramante intendeva riorganizzare l'intero spazio del cortile in modo tale da far si che la minuscola chiesa a pianta centrale venisse a trovarsi al centro di un ampio chiostro, anch'esso a pianta centrale, con uno spirito molto simile a quello di edifici come S. Satiro di Milano. Chiaramente il cortile circolare che avrebbe dovuto circondare il tempietto assume un carattere sperimentale sulla tesi della priorità dei caratteri proporzionali e proiettivi rispetto a quelli metrici. Infatti nonostante che il colonnato del cortile abbia un diametro doppio di quello del portico del tempietto, le colonne sono sempre sedici, cioè il portico progettato risulta una proiezione del portico esistente, introducendo un terzo livello prospettico insieme a quello delle lesene del cilindro più piccolo del tempietto. Il cortile così progettato dimostra la volontà sperimentale di Bramante, ma risulta pressochè impossibile da precisare in alzato. Se infatti - come nel passaggio fra il portico del tempietto e il cilindro interno - l'altezza dell'ordine dovesse risultare costante (sia pure utilizzando il dislivello dei gradini), gli intercolumni si allargherebbero oltre ogni limite ammissibile, sia costruttivamente che visivamente; ma se l'altezza dell'ordine diventasse maggiore, il tempietto risulterebbe schiacciato dentro un involucro gigantesco, facendo perdere ogni risalto dei suoi giochi interni. La pianta del Serlio deve, quindi, considerarsi la traccia di un ipotesi teorica non solo irrealizzata ma forse irrealizzabile, collocata oltre la sfera sperimentale in cui il Bramante si studia di rimanere, pur esplorando la sua linea di confine.
Murray:139;Benevolo 279,282