La Posidonia Oceanica

Le fanerogame marine sono vegetali dotati di radici, fusto in parte sotterraneo (rizoma), foglie nastriformi e veri e propri fiori.

L'impollinazione avviene sott'acqua, sfruttando le correnti marine, in quanto il polline presenta una densità simile a quella dell'acqua. Sono tutte piante fotofile e quindi caratterizzano il piano infralitorale (fin dove arriva la luce), ma le diverse specie si distribuiscono a seconda del tipo di substrato. Esse rivestono un'enorme importanza nell'ecosistema marino: svolgono un ruolo fondamentale nell'ossigenazione delle acque, fungono da sito di rifugio per larve e giovani pesci e forniscono un substrato su cui si attacca una numerosissima flora e fauna benthonica, innescando una complessa rete alimentare.
Una fanerogama particolarmente preziosa ma anche molto esigente è la posidonia (Posidonia oceanica), che un tempo formava degli estesi banchi nei fondali sabbiosi, mentre oggi è ormai ridotta a poche chiazze. Il suo rizoma si sviluppa in senso verticale dando ramificazioni orizzontali, fissando così i sedimenti e mantenendo le foglie della pianta sempre al di sopra di questi. Ciò porta ad un progressivo innalzamento del substrato e fornisce quindi una barriera all'erosione della costa.
Più tollerante è invece la Cymodocea nodosa, che si adatta a condizioni di maggiore torbidità dell'acqua e variabilità dei sedimenti (che possono variare da sabbia a fango).
Altre specie che formano le praterie di fanerogame marine, ora ridotte drasticamente e relegate in piccole stazioni, sono costituite da Cymodocea nodosa e molto raramente da Zostera noltii e Zostera marina.

Esse sono importanti zone di nursery dove avannotti di specie ittiche anche commerciali trovano nutrimento e rifugio. A segnalare gli antichi areali si possono ancora trovare dei grandi bivalvi che vivono conficcati sul fondo della costa adriatica, localmente chiamati stura (Pinna nobilis), ed il tartufo di mare (Venus verrucosa), i cui piccoli trovavano rifugio tra gli stoloni e le radici delle piante.
Alcune esplorazioni hanno permesso di constatare come in alcune zone vi sia una tendenza all'espansione di questi areali, osservando anche la nascita di alcune plantule dal seme, ma l'inquinamento che viene riversato in mare, soprattutto tramite i corsi d'acqua, continua ad uccidere le praterie marine e tutti gli ecosistemi a loro collegati. Ne consegue un impoverimento generale della capacità del mare di autodepurarsi, una riduzione della zoocenosi costiera ed una enorme erosione dei litorali sabbiosi. (a nulla servono le scogliere artificiali!).

Riguardo i resti di posidonia, spiaggiati lungo i litorali, essi sono considerati Rifiuti Solidi Urbani (vedasi la definizione ai sensi dell'art. 6 del D.L.vo n° 22/97) ed il Comune ha l'obbligo della rimozione (art. 14, medesimo Decreto), a meno che non si tratti di un'area in concessione a privati: nel tal caso si chiede al Comune il certificato di parificazione agli R.S.U. e si fa smaltire da una ditta autorizzata al trasporto rifiuti conto terzi in una normale discarica (oppure in un sito di stoccaggio della frazione umida). In alternativa, si può stipulare un accordo con il Comune per la raccolta e lo smaltimento stagionale, con gravamento dei maggiori costi sulla tassa R.S.U.
Però.... è un vero peccato buttare qualcosa che può essere utilizzato come concime naturale in agricoltura biologica ed è ricchissimo di oligoelementi, sali minerali e molti altri nutrienti. In commercio si trova la farina di alghe nella cui composizione entra anche la posidonia (che non è un'alga!) ed è chiamata "bentonite" e che viene considerata la migliore alleata dell'agricoltore bio.

Bruno Vivaldi