LAMENTO DI UN VIANDANTE

 

O voi che ignari le vie

Del mondo percorrete

E nel cammino vostro, vaghi girate,

Non sapete adunque quanto dolor

Nel cuore mio s'annida.

Vedo la moglie mia,

Carne della mia carne,

Paralizzata a letto e così inferma.

Perché con tanto mio dolore,

Ancor resiste il cuore e non si spezza

Per questa mia sciagura?

Un giorno l'amor mio muoveva

Il gentile corpo flessuoso,

Ed io di lei sempre più m'innamoravo.

Ora i suoi arti immobili, son fermi

E non resisto a rimirarli immoti.

O gran padrone di tutto l'universo,

Portami con chi senza il suo corpo

Và tra gli spazi siderali,

Sol se l'anima di noi

Sia vero che dal corpo si separi.

 

 

 

Quando la vedo distesa e sofferente

Il pensiero mio ritorna alle trascorse ore

Di quando lei donna gentile,

Come angelo girava e si muoveva.

Era bella e destava ammirazione,

Al suo passare ognuno si voltava

E tanta gioia pareva mai finire.

O com'è triste tale cambiamento,

È forse più funesto del gran passaggio

Ad altra vita eterna.

Nulla è il morir d'un tratto, senza decadere.

A questo, ogn'altro dolor cede il suo passo.

Soltanto una speranza può lenire

L'angoscia e il mio tormento,

Quello di ritornare al creatore.