L'AGONIA |
Sin da quando tu Di Nazareth Gesù, Che figlio di Dio ti proclamavi, Al mondo tramandavi La tua agonia innocente Mentre morivi sulla croce, Ho sempre dell'agonia Avuto un gran terrore. Non è il passaggio Alla morte dalla vita Che l'umanità disdegna Ma è l'ut che non accetta. Anche tu del resto Hai bestemmiato Dicendo: O Signore tu Mi hai abbandonato, |
E se lo hai detto tu che sei Gesù! Perché l'umanità non deve Seguendo il tuo concetto Maledire la morte sofferente? Perché la religione Non ammette che L'uomo possa morire Senza dolore, silenziosamente? Perché, perché al peccato gridare Quando la parola sente di dolce eutanasia?
Antonino Zambotti In occasione della lunga agonia di Federico Fellini |
Voglio dire perchè ho avuto l'ispirazione per la lirica "L'Agonia"
Ho conosciuto per molti anni Federico Fellini perché amico fraterno di Rinaldo Gèleng, figlio di una sorella della madre di mia moglie Ida, della mia adorata sposa che, a vita pressochè conclusa, riconosco essere la "Donna meravigliosa" quella donna che tutti sognano e sperano d'incontrare nella loro vita, ma che non incontrano mai perché donne così angeliche, così sante raramente s'incontrano.
Ebbene, Federico Fellini che è giunto alla fama del mondo e che tutti di qualsiasi idioma celebrano e annoverano tra i grandi del ventesimo secolo, ha avuto un'agonia lunga e crudele per accanimento terapeutico e per la speculazione non solo del mondo medico ma anche di quello informatico, politico, sociale che nel prolungare di qualche giorno il suo obitum traeva profitto di una breve notorietà mondiale e per fare talvolta qualche squallida fotografia del moribondo.
Il mio non è il grido poetico di un misero uomo che s'illude di vedere più lontano di altri, ma l'angoscia di un poeta esistenziale che ha timore di vedere pilotata la vita degli uomini dalla scienza medica con l'accanimento terapeutico, dalle religioni che s'impadroniscono della vita dell'uomo con l'assunto che l'uomo in quanto creato da Dio ne possa essere anche il suo trastullo, e infine dalla società che in nome del collettivo pretende di neutralizzare il vero padrone della vita umana: l'io individuale e pensante.